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Franco Maria Ricci Editore
Morgana
201

Nove saggi danteschi

Jorge Luis Borges
1985 / 208 PAGINE. Lingua: Italiano
Di Dante, come di tanti altri scrittori, Borges si è dimostrato capace di dirci ciò che altrove non troveremmo, ma soprattutto di dircelo a partire da presupposti e angolature a lui solo accessibili, qui proposte mediante una raccolta di scritti.
Orientata – come accenna il Prologo – da una sorta di innocenza, la lettura proposta da Borges della Commedia (“il miglior libro scritto dagli uomini”) muove da dettagli, suggestioni, spunti immaginativi per proporre, attraverso molteplici riferimenti letterari, congetture spesso eccentriche e punti di vista esclusivi e personali. In queste pagine, degne dei migliori saggi di Altre inquisizioni, Borges intravede nell’ultimo viaggio di Ulisse “un occulto e intricato suicidio” simile a quello del capitano Achab di Moby Dick; scopre nella Historia ecclesiastica gentis Anglorum di Beda il Venerabile visioni anticipatrici della Commedia, e nell’Aquila splendente del diciottesimo canto del Paradiso affinità col Simurg persiano; riflette sulla contraddittoria compassione di Dante per Francesca, e la spiega evocando il Raskol’nikov di Delitto e castigo e il grande e sfortunato amore per Beatrice, motivo nel quale riconosce la vera genesi dell’opera: “Morta Beatrice, perduta per sempre Beatrice, Dante giocò con la finzione di ritrovarla, per mitigare la tristezza; io personalmente penso che abbia edificato la triplice architettura del suo poema per introdurvi quell’incontro”. In questo volume, pubblicato per la prima volta nel 1982, Borges radunò scritti per lo più apparsi in giornali e riviste sul finire degli anni Quaranta; viene qui aggiunto nell’Appendice il testo di una conferenza sulla Divina Commedia tenuta nel 1977 al Teatro Coliseo di Buenos Aires.
Ho fantasticato un’opera magica, una miniatura che sia anche un microcosmo; il poema di Dante è quella miniatura d'ambito universale. Credo tuttavia che se potessimo leggerlo in piena innocenza (ma tale felicità ci è vietata), l’universalità non sarebbe la prima cosa che noteremmo, e molto meno la sublimità o la grandiosità. Assai prima noteremmo, credo, altre caratteristiche meno schiaccianti e ben più dilettevoli; anzitutto, forse, quella rilevata dai dantisti inglesi: la varia e felice invenzione di particolari precisi.
Franco Maria Ricci Editore
Franco Maria Ricci Editore