P’u Sung-ling. A cura e con un'introduzione di Jorge Luis Borges
1979 I ed. .
Lingua: italiano
Non v’è nulla che caratterizzi un paese più delle sue fantasie. Nelle sue scarse pagine, questo libro lascia intravedere una delle culture più antiche del mondo, e nel contempo uno dei più insoliti approcci alla narrativa fantastica.
Di P’u Sung-ling si sa pochissimo, salvo che fu respinto all’esame del dottorato di lettere nel 1651. a questo fortunato fallimento dobbiamo il suo consacrarsi alla letteratura, e di conseguenza la redazione del libro che lo avrebbe reso famoso. In Cina, il Liao-Chai di P’u Sung-ling occupa il posto che in Occidente spetta alle Mille e Una Notte e le storie scelte per questo libro appartengono in maggioranza a quest’opera.
P’u Sung-ling trama senza sforzo visibile un mondo instabile come l’acqua. A differenza di Edgar Allan Poe e di Hoffmann, P’u Sung-ling non si meraviglia delle meraviglie che riferisce. È più lecito pensare a Swift, non solo per l’aspetto fantastico della favola, ma anche per il tono di rapporto laconico e impersonale, e per l’intenzione satirica. Gli inferni di P’u Sung-ling ci ricordano quelli di Quevedo; non sono amministrativi e opachi. I suoi tribunali, i suoi littori, i suoi giudici, i suoi scrivani non sono meno venali e burocratici dei loro prototipi terreni di qualunque luogo e di qualunque secolo.