Ingermanlandia

Figlia del capriccio forse dissennato d’un despota marziale, la passata (e probabilmente futura) San Pietroburgo serba nel rigido reticolo radiale delle sue vie e dei suoi canali un’aria inconfondibilmente militaresca. È una città sull’attenti. Lungo le interminabili prospettive dall’allineamento perfetto, le masse dei palazzi sembrano reggimenti convenuti a una parata, sotto gli occhi degli imperatori di bronzo ritti sulle staffe in mezzo a ogni piazza, mentre sui frontoni s’impennano i cavalli delle quadrighe di bellicosi dèi scesi in picchiata dalle procelle per assistere ai fasti dei loro discepoli terreni. Solo col disgelo un sussulto di vitale disordine rianima la città spettrale, quando la crosta della Neva scricchiola, trasuda, si fende, si schianta; e contro le rive e i piloni dei ponti il ghiaccio si solleva come una pelle morta, le lastre verdognole penzolano oblique in crepacci improvvisi con l’aria d’esser mancate sotto i piedi di qualcuno, e da quelle botole nere esala un fiato umido e denso, sospiro d’una colossale cantina allagata.