Dovette certo essere il coronamento di un desiderio fortemente sentito quello di Clemente XII, intitolare ora una cappella, che sarebbe stata anche sacello dinastico, al culto del suo avo nella cattedrale di Roma e del mondo intero. La volle di una sobrietà magnificente, elegante nelle nitide proporzioni dell’impianto a croce greca, riccamente decorata da sculture e bassorilievi, preziosamente rivestita di marmi antichi dalle tenui screziature del viola e del verde, di stucchi e di bronzi dorati sui quali si sarebbe posata una luce sapientemente calibrata che si diffondeva, radente, dagli alti finestroni della cupola semisferica. Un artificio decorativo a cui non potevano mancare le più preziose suppellettili liturgiche commissionate a una schiera di artisti e di maestranze specializzate nelle tecniche più sofisticate. Il progetto, per il quale il pontefice si dimostrò oltremodo prodigo attingendo senza riserve ai propri beni, era la sintesi di una vita intera dedicata alla sua missione evangelica e alla promozione delle arti.