Sin dall’antichità il colle del Pincio era considerato luogo di predilezione dai Romani più raffinati, che, al pari di Lucullo, vi si recavano a godere la frescura dei giardini dai quali si dominava l’Urbe. Proprio sull’attuale sito in cui sorge Villa Medici, l’imperatore Onorio fece edificare il proprio palazzo, ultimo bagliore prima della caduta dell’Impero.
Passarono dieci secoli e un prelato toscano, il cardinale Ricci, riportò il Pincio al suo antico splendore, decidendo di farvi costruire una villa di campagna con un grande giardino di piacere; ma i lavori non erano ancora conclusi che la proprietà passò a un altro cardinale, Ferdinando de’Medici, da cui prese nome. Sotto l’impulso del nuovo e facoltoso proprietario, l’architetto Ammannati ingrandì considerevolmente l’edificio per farne lo scrigno di una stupefacente collezione di sculture e di dipinti. Quanto al giardino, sorta di riserva naturale ante litteram ma ordinato secondo un piano rigoroso e colmo di antichità, assurse anch’esso fra le meraviglie di Roma. Divenuto granduca di Toscana, Ferdinando non si trattenne più a Roma e gli eredi spogliarono Villa Medici dei suoi tesori.
Dopo due secoli di semi-abbandono, Napoleone l’acquistò per insediarvi l’Accademia di Francia; fu così risparmiata alla villa la triste sorte riservata a tante altre dimore patrizie, devastate o lottizzate.
Da allora Villa Medici divenne un piccolo angolo di Francia in terra italiana e assisté al passaggio di una lunga teoria di artisti, di architetti e di compositori, taluni divenuti famosi, altri caduti nell’oblio.