Quasi ci rimise l’incarico, per quella sala, l’architetto Giovanni Antonio De’ Rossi, e anzi giunse a pregare il cardinale camerlengo Giovanni Battista Altieri di scegliersi un altro progettista più accondiscendente. Ormai, glielo mise anche per iscritto, la concatenazione delle stanze del suo appartamento affacciato verso la chiesa del Gesù – al piano nobile del palazzo che fra il 1650 e il 1655 stava prendendo il posto di un irregolare gruppo di case acquistate a più riprese dalla famiglia – aveva acquisito una coerenza sia interna, sia nei rispetti di quella sala, che aveva continuato a cambiare di luogo sperimentando tutte le possibilità di collocazione: dunque era opportuno procedere con i lavori secondo la sua proposta, anche se le proporzioni delle stanze erano differenti da quanto il cardinale avrebbe desiderato. E tutto questo, ribadiva il De’ Rossi, in modo da dare maggiore risalto allo scalone di accesso, “per buona logica di architettura”. La progettazione di uno scalone monumentale era considerata prioritaria nella mentalità di un architetto romano del Seicento come De’ Rossi; tuttavia un cardinale romano del Seicento come Giovanni Battista Altieri aveva le sue buone ragioni per non volere sacrificare a questa esigenza di studiato disegno l’articolazione e la maestosità del suo appartamento.